5 ene 2008

Dondolo a morte


Riagganciò e divenne muto. Muto dalle proprie parole appena buttate in aria. Le capì, se ne rese conto della sciocchezza subito dopo la linea finì di cadere. Macchè gli mancava?, si disse addirittura con violenza. Com’era possibile che la mancanza fosse proprio di ciò che non esisteva più, di ciò che con tutta probabilità era stato un finto assoluto che gli era stato mostrato a sorsi in strategia attorale e poi scomparso?

Provò allora, in un concentrato accelerato in secondi di una consapevolezza agghiacciante, tutto il senso profondo della menzogna, la trapola, il tradimento, l’umiliazione ed il disprezzo. Venne alla sua anima con enorme chiarezza quanto di calcolo, distanza misurata e freddezza ci fosse stato nei suoi confronti.

Ad occhi aperti alla luce tanto chiara che fa cechi, a crollo inevitabile avvenuto improvvisamente, tutto quanto sparso, sventrato, ebbe la sensazione che solo attravverso l’obblio ci sarebbe stato il recupero della dignità, assieme alla resa dei conti un giorno, con chiarezza.

L’ultimo giorno dell’anno le forze gli mancarono. Subì dei brividi a capire la dolcezza di sentirsi sconfitto, fortunatamente sconfitto, senza voglia di lotta, senza più battaglie da essere combattute e perse. Dodici volte dondolò appeso dalla corda, la stessa dei giochi di una volta. Ormai neppure i piedi lo legavano al mondo, finalmente se n’era liberato, per sempre. E da allora in poi fu felice, sdraiato a guardare il cielo buio del rovescio grezzo della lapide. Nessuno gli avrebbe mai più dato una parola vuota. La morte, si ripette ad ogni tratto, è tanto soddisfacente!

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